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“Defcon X”: il libro della Compagnia Fantasma

Giovedì 4 Febbraio


alle 18 aperitivo

alle 20: Presentazione di"Defcon X": il libro della Compagnia Fantasma

Gli autori, Andrea Giovannucci e Daniele Bergonzi della Compagnia Fantasma si esibiranno in un reading di brani tratti dal romanzo

Recensione a cura di InfoFreeFlow


A Bologna la Compagnia Fantasma è la cultura con
la C maiuscola.

Si troverebbe a proprio agio calcando il
palcoscenico del teatro comunale o il selciato di una piazza occupata. Il risultato sarebbe in ogni caso lo
stesso: tagliando l’aria con le parole che pronunciano, i ragazzi scolpirebbero lo spazio intorno a loro costruendo un cantuccio
narrativo che non vorresti lasciare neanche quando hanno finito e
tutti immancabilmente battono le mani implorando il bis.

Ambientato sulle strade e nelle case di
Bologna, Defcon X è il loro primo libro, un piccolo gioiellino denso
di significati nelle fluire delle sue 100 pagine.
La narrazione
prende spunto da un fatto realmente accaduto in Francia nel 2004,
quando tal Pierre investì un cittadino dopo averlo scambiato per
Osama Bin Laden. Un incipit il cui valore è racchiuso proprio
nell’ambivalenza dei suoi caratteri onirici e tremendamente reali
allo stesso tempo.

Quando nel giorno di Natale la
morte del padre travolge il protagonista (lo psichiatra criminale
Francesco Passini) qualcosa, "una minuscola ruota dentata",
smette di funzionare dentro di lui. Al contempo il ritrovamento di un
vecchio orologio, appartenuto a Paolo Rapetti (uno dei suoi primi
pazienti), fa esplodere una dopo l’altra paure e sentimenti antichi,
covati a lungo in un anfratto nascosto sotto il tappeto inerte di una
vita normale. Il tentativo di liberarsene e di restituirlo al
legittimo proprietario condurrà Francesco in un viaggio lungo il
quale, messa a nudo la fragilità di un’esistenza modesta passata ad
accontentarsi, prenderà corpo l’immagine di una città e di una
società dall’equilibrio spezzato.

Defcon X costruisce pezzo dopo pezzo
un’allegoria che narra il volto di una società il cui sorriso, a
prima vista solo un po’ sdentato, cela sotto mentite spoglie un ghigno caustico racchiuso nell’afasia di uno sguardo cupo e
privo di luce propria.
In un ambiente popolato da soggetti ed
elementi che appaiono progressivamente più ostili, la ricerca di Francesco si
inerpica in un quadro confuso incorniciato da un sottofondo di suoni metallici e taglienti o da un silenzio capace
di togliere il respiro, sinonimo di ansia ed incomunicabilità.

Luoghi asfissianti, isolati dal resto
del mondo o affollati da una vuota indifferenza segnano le alterne
vicende del giovane dottore atteso all’angolo da un destino ironico.
Come in un circolo vizioso, la ricerca del paranoico si trasformerà
in paranoia stessa, dando vita ad una sovrapposizione dei personaggi
(solo inizialmente inconscia) che rivela un amaro ossimoro: lo
psicologo criminale, l’autorità che decreta e giudica la follia
degli uomini, si ammalerà della sindrome datagli in cura, muovendo così i suoi passi sul filo di recondite angosce.

La morsa della paura lo stringerà alla
gola dove e quando meno se lo aspetterebbe: tanto in un caos che gli
palpita dentro come il traffico cittadino che lo circonda, quanto
nell’ordine asettico di mura bianche ed ordinate, così come nei
ricordi di un passato che emergendo impietoso sembra non lasciare
spiragli ad una prospettiva temporale futura che non sia eclissata
dall’ombra del panico.

Come una trota d’allevamento liberata
nell’impetuosità delle correnti di un fiume dopo essere stata
richiusa per troppo a lungo, Francesco si districa con sempre maggior
fatica in una sequela di rapporti umani che vanno implodendo tra
ipocrisia, diffidenza ed astio. Una nevrosi sociale che egli scopre
mietere migliaia di vittime: i loro stralci di vita affastellati, punteggiano un affresco
impressionista raffigurante un soggetto dai tratti grotteschi e disumanizzanti, scevro delle differenti
tonalità che un tempo ne caratterizzavano i colori, ormai rappresi nel grumo di un’unica limacciosa chiazza nera.

“Defcon X” concatenando una pluralità di
simbologie ed immagini intense, ha il
pregio di costruire un mosaico narrativo capace di far emergere il
significato dei diversi meccanismi che generano la paura e che grazie
ad essa forgiano uno strumento di controllo ed unificazione sociale.

Una delle più penetranti è quella delle prime pagine dei quotidiani, grondanti di artificiose emergenze
accostate alla pubblicità di farmaci ed ansiolitici: se da una parte
è forte il richiamo alla pubblicità semantica e personalizzata dei
motori di ricerca (e quindi al concetto di bisogno indotto ad esso
correlata) da un’altra viene evidenziato con forza come le nostre
paure ed angosce quotidiane, tracciate come input e variabili su un
grafico di produzione e proiezione dei profitti, siano le fondamenta
di remunerativi business.

A questo non si può non aggiungere il
senso di vulnerabilità ed impotenza provato da Francesco nei
sotterranei della questura, di fronte all’abuso di potere del
maresciallo di turno e dei suoi sottoposti: nel carnevale atroce che
ribalta il senso ed il valore dei rapporti sociali anche personaggi
come questi con la loro mediocre levatura possono interpretare un
ruolo meschino di micro-potere calandosi la maschera di
irreprensibili tutori dell’ordine.

Dunque la paura come meccanismo sociale
complesso, iniettata goccia a goccia con le più avanzate tecniche di
comunicazione e marketing; ma, perché no (concedeteci una
metafora dovuta ad una nostra deformazione professionale), anche la
paura come dispositivo open-source, alla cui costruzione tutti noi
partecipiamo aggiungendo il nostro pezzo di codice sorgente o prendendo
spunto da quello degli altri, per dare vita ad una morbosa community.

E allora quale via di fuga si può
tracciare per dare un altro finale a questa storia?

Come evadere da quel labirinto
costruito attorno a sentimenti cesellati in modo maniacale che,
schiacciati nella pressa di un’emergenza infinita, si impennano e si rincorrono
confusamente tenendoci fermi sullo sfondo?

Forse basta un gesto semplice come
quello di Francesco quando decide di non esserne più vittima e allo
scoccare dell’anno nuovo butta quel maledetto orologio in un
cestino.

Ci sembra di vederlo mentre le dita
della mano lo stringono forte stagliandosi sul cielo terso della
Bolognina, fra i palazzi del Pilastro o contro il profilo delle Due
Torri, prima di farlo sparire con gli altri
rifiuti una volta per sempre. Ci sembra di vederlo mentre il quadrante attraversato da
un raggio di sole si illumina di una luce diversa da quella dei neon di
un centro commerciale, una luce che non pensavamo più essere
possibile, mentre le lancette ricominciano a battere i minuti di un
futuro che pareva negato.

La Compagnia Fantasma è un link per
parlare con chi ci sta attorno e decidere insieme ed in autonomia che
cosa vogliamo dire. Se volete respirare aria nuova, se pensate che bisogna difendere la rete o che sia necessario riprendersi spazio in città, allora questo
libro fa per voi e non può mancare nella vostra libreria.

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